Le Virgole, un appuntamento estemporaneo fra chi ama scrivere e chi ama leggere.


Arrivò trafelata alla Stazione Termini e fu subito immersa nel turbinio di voci, suoni e colori dell’ora di punta: mancava pochissimo alle otto, eppure la città era già presa nel vortice quotidiano. Si fermò alla ricerca del tabellone delle Partenze. Mentre fissava sgomenta ed attratta la lucina verde che guizzava veloce su Milano Centrale, fu strattonata inavvertitamente da un signore anziano alle prese con un’enorme valigia. Come tornando in sé, si chiese cosa ci facesse a quell’ora alla stazione invece di essere già sul posto di lavoro, dalla parte opposta della città.

Lesse più volte il nome Milano a voce bassa e mentre lo ripeteva quasi a cantilena, per la prima volta, notò che conteneva due note: Mi e LA.  Forse era proprio perché aveva sempre ignorato questo dettaglio che il suono Milano non le era mai parso così musicale e compiuto. Nella sua semplicità e linearità, quella mattina, sembrava racchiudere il tutto a cui in quel momento anelava. Si avviò quasi danzando ai binari ed individuò subito il muso affusolato ed aggressivo del Frecciarossa.

Come salì sul treno un’ondata di calore l’avvolse. Si accomodò al suo posto vicino al finestrino e aprì la busta col bignè alla panna. Era un giorno speciale e pertanto bando ai biscotti integrali e alla marmellata senza zucchero! Lo gustò lentamente insieme ad un caffè forte. Si sentì soddisfatta.

A mano a mano che il treno si allontanava dai palazzoni grigi della periferia si congratulò con sé stessa per la decisione presa.  Aveva messo nella borsetta un rossetto rosso comprato da tempo ma mai usato perché lo riteneva sfacciato. Lo prese e se lo  passò sulle labbra;  guardandosi allo specchietto notò che era troppo in contrasto con il pallore del volto. Decise che andava bene lo stesso.

Chiuse gli occhi e si rilassò. Impiegò le ore del viaggio per riflettere e chiedersi cosa volesse veramente. Dal buio emersero in rapida sequenza i fotogrammi delle sue giornate.

Era stanca della routine di moglie e madre lavoratrice, sempre in affanno tra la casa e l’ufficio. Si sentiva travolta dalle incombenze quotidiane e si diceva che forse la colpa fosse tutta da attribuire a quello smisurato senso del dovere che la schiacciava come un macigno. Dio che noia! Ogni giorno la stessa solfa! E che fatica! In inverno la sveglia suonava prima che facesse giorno. Mentre la città era ancora avvolta nel sonno, a casa sua iniziava il corri-corri quotidiano tra la colazione e la vestizione dei bambini, che ancora mezzi addormentati a volte pretendevano di ripetere la poesia o le tabelline. Quasi ogni giorno c’era il bucato della lavatrice da stendere; ogni mattina una stirata veloce al letto, che il disordine la innervosiva, un bacio frettoloso ai suoi uomini e infine il trucco veloce, in auto, al semaforo, mentre nel traffico raggiungeva l’ufficio.

Anche il rapporto con suo marito aveva perso ogni slancio e persino il sesso aveva i suoi giorni e financo gli orari prestabiliti. Gli abbracci appassionati di un tempo e quel sorriso di quando, complici, si guardavano negli occhi, erano ormai un lontano ricordo. Era da tempo che lui non la stringeva più in cucina, accarezzandole i seni, mentre metteva i piatti in lavastoviglie o girava il sugo.

A volte si scopriva ad estraniarsi e a guardare le sue giornate dal di fuori: vi vedeva una donna matura, tutto sommato piacente, che aveva conquistato molti punti fermi e che però non sapeva più ridere. Quell’immagine di sé le piaceva sempre meno.

L’organizzazione del viaggio a Milano era stata una ribellione a tutto ciò.

A poco a poco, però, le immagini sfocarono e furono inghiottite dal colore rosso del mantello del Battista. Sentì che aveva voglia di rosso, di calore, di positività. Desiderò un mantello rosso che l’avvolgesse, scalzando il grigiore che, piano piano, aveva preso il sopravvento nella sua vita. Il rosso l’avviluppò. Sorrise pensando che stava persino viaggiando su un treno di colore rosso. Il rosso sarebbe stato, d’ora in poi, il suo colore.

La settimana precedente, mentre sfogliava pigramente il giornale, era stata attratta da un articolo sull’enorme successo della mostra su Caravaggio che stava per chiudersi al Palazzo Reale di Milano. Tra i molti capolavori esposti vi era pure la grande tela del San Giovanni Battista, concessa in prestito dal museo di Kansas City.

Ricordò malinconica come era nata l’ossessione per il pittore maledetto. Un giorno, ai tempi del liceo, un amico aspirante pittore, le aveva proposto di marinare la scuola. Dopo un cappuccino al Caffè Greco ed una passeggiata tra i vicoli del centro, l’aveva condotta nella chiesa di San Luigi dei Francesi. Entrando l’aveva trovata buia e fredda. Lui le aveva detto di chiudere gli occhi e teneramente l’aveva condotta per un tratto tenendole la mano. Quando li aveva riaperti si era trovata di fronte la meraviglia della cappella Contarelli illuminata!

Si alzò ed andò in soffitta a rovistare tra gli scatoloni dei suoi libri da ragazza alla ricerca di quelli su Caravaggio, che aveva comprato dopo quell’esperienza. Quella sera, dopo cena, non vide l’ora di isolarsi nello studio per sfogliare le pagine ingiallite e rileggere le frasi sottolineate. Ripercorse la vita scellerata dell’artista sorridendo alle annotazioni di stupore e rimprovero che, quasi come una madre protettiva, a suo tempo aveva scritto a margine degli episodi delittuosi che lo avevano condotto all’esilio ed infine alla morte. Non era mai riuscita a capacitarsi di come un simile genio avesse potuto sprecare così la sua vita.

Il mercoledì successivo, come sempre, uscì prima dall’ufficio ma invece di recarsi a sbrigare le solite incombenze se ne andò alla Galleria Corsini per rivedere l’altro dipinto realizzato dal Caravaggio con lo stesso soggetto del Battista lì esposto.

Era rimasta a lungo seduta di fronte al quadro finché, quando ormai era quasi ora di chiusura, una giovane custode si era avvicinata e, notando il suo interesse, le aveva consigliato uno studio recente sul Caravaggio in vendita al bookshop.  Dopo averlo acquistato, si soffermò a lungo ad osservare la pagina con la riproduzione del quadro di San Giovanni Battista conservato a Kansas City.

In quel dipinto non c’era nulla che potesse permettere di riconoscere una figura religiosa nel giovane ritratto. Più ne guardava l’immagine sul libro, più si sentiva attratta dalle carni pallide del Battista, inondate di luce, e dal volto bellissimo, con i capelli arruffati e gli occhi rivolti in basso. Ma quello che più la estasiava era il rosso del mantello che, con mirabile drappeggio, ne avvolgeva le parti basse del corpo statuario.

Improvviso le era emerso il desiderio di andare ad ammirare quel capolavoro da vicino: voleva vederlo dal vero, incontrarlo fisicamente, scoprire le pennellate che creavano la potenza modellante della luce e la morbidezza avvolgente del colore.

Aveva tempestato il marito di telefonate per proporgli una gita nel capoluogo lombardo nel week end successivo. A lungo non fu raggiungibile e più lui non rispondeva più il suo desiderio cresceva.  Quando infine aveva risposto, all’inizio si era finto interessato alla proposta, poi aveva cominciato ad accampare un sacco di scuse ed alla fine, messo alle strette, aveva confessato di aver già preso i biglietti per andare allo stadio con gli amici.

Così aveva riattaccato delusa e spossata, mentre le lacrime sgorgavano copiose. Smise di preparare la zuppa d’orzo per la cena e si sedette in salotto per calmarsi.

Desiderava con tutta se stessa di poter ammirare quel dipinto  dal vivo e nello stesso tempo si rendeva conto che mancavano solo due giorni alla chiusura della mostra a Milano. Non poteva assolutamente perdere una simile occasione: sarebbe stato troppo complicato e costoso recarsi nel Missouri!

“E se domani andassi a Milano?”  E più si dava della pazza per l’idea che le era balenata in mente e più sentiva di volerlo con tutta sé stessa. Decise che era giunto il momento di fare la pazza e di ricominciare a riprendersi la propria vita!

Scrisse una mail al capo dell’ufficio per richiedere un giorno di ferie motivandolo con impreviste ed improrogabili esigenze di   famiglia. Acquistò i biglietti per un posto in prima classe sul treno per Milano e per il ritorno, facendo attenzione a che l’orario di partenza coincidesse con il suo abituale orario di ingresso in ufficio. Restavano da sistemare i bambini. Si disse che stavolta burraco o non burraco avrebbe coinvolto la suocera. Con tono deciso le disse che il giorno dopo sarebbe dovuta andare a prendere i bambini a scuola perché dopo il normale orario di ufficio aveva un’importantissima riunione cui non poteva assolutamente mancare. Sicuramente avrebbe fatto tardi e quindi sarebbe stato meglio se avesse anche preparato loro la cena. La vecchia, intimorita dal suo tono, acconsentì senza fiatare.

Si stupì della rapidità con cui aveva architettato il tutto e della montagna di bugie che aveva affastellato. Sì lei, proprio lei, così rigorosa ed avvezza a dire la verità sempre e comunque.

Quando il marito tornò e a stento riuscì a celare l’irritazione perché la cena non era pronta, gli disse di aver avuto una giornata molto pesante in ufficio  e di essere molto stanca. Avrebbe fatto una doccia e sarebbe andata subito a dormire.

Voleva stare sola con se stessa e godersi,  con la testa sotto le coperte, la  gioia della sua decisione trasgressiva. Più pensava che l’indomani si sarebbe trovata di fronte al Battista, più sentiva crescere l’emozione ed il petto riempirsi di gioia per la tanta bellezza che l’attendeva.


Michelangelo Merisi da Caravaggio, San Giovanni Battista, 1604, olio su tela, 173 x 133 cm, Museo Nelson Atkins, Kansas City, Missouri, USA

Originaria di un piccolo paese della Sabina Romana, Ezia De Vecchis  consegue la laurea in Scienze Politiche e diventa un funzionario del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Dopo gli incarichi svolti presso i Consolati di Losanna e di Londra, attualmente è Addetto per gli Affari Sociali dell’Ambasciata d’Italia a Belgrado. Alle esperienze internazionali e all’amore per i libri e la lettura ha affiancato la passione per la scrittura, che coltiva nel laboratorio tenuto da Cinzia Tani.


4 pensiero su “Il mantello rosso”
  1. Grazie Ezia! apprezzo l’immediatezza e piacevolezza della scrittura, il soggetto e la capacità di coinvolgere emotivamente chi ti legge !

  2. La piacevole sorpresa della giornata di oggi è un racconto breve di Ezia che mi ha ben disposta in un lunedì alle 7 del mattino nei confronti della vita.
    Il racconto è piacevole, la protagonista, ti immerge nella frenetica vita di una donna che poco si concede, un racconto che inizialmente presuppone un epilogo della descrizione di una malinconica routine. Colpo di scena, Prevale invece la sua curiosità, la sua energia ed anche la sua sopita anarchia verso tutti, figli, marito, suocera e si concede un viaggio di riflessione su ciò che vuole, determinata a trovare bellezza e colore, cominciando dal rossetto sfacciato che si è appena messa sulle labbra.
    Brava Ezia

    1. Grazie Marisa, hai colto perfettamente l’essenza della protagonista, una baby boomer, cresciuta con un modello di madre totalmente dedita alla famiglia ,che ha però introiettato le rivendicazioni ed aspirazioni del movimento delle donne e deve lottare anche con il partner per la propria realizzazione.

  3. Mi è veramente piaciuto questo racconto breve. Sintetico, ma che ha saputo cogliere l’essenza di una vita “normale” nella sua frenesia moderna. E bello questo finale aperto, che ci lascia immaginare che questa sarà la prima di altre “azioni” non convenzionale della nostra protagonista. Una piacevolissima lettura; obiettivo raggiunto.

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