di Jessica Verardi, 12 giugno 2025
Franchino Gaffurio
Nato a Lodi nel 1451, fu un celebre teorico musicale e compositore rinascimentale, nonché magister della Cappella Musicale del Duomo di Milano per oltre quarant’anni. Fu anche primo cantore alla corte di Ludovico il Moro, e amico di Leonardo da Vinci.
Studioso dedito a numerose arti e discipline, Gaffurio riprese la tradizione medievale risalente a Severino Boezio e sviluppò una sorta di filosofia della musica in cui l’arte dei suoni veniva assimilata alla scienza dei numeri e trattata in base a proporzioni matematiche. Ciò lo collegava alla tradizione pitagorica e neoplatonica, che considerava l’armonia dei suoni come il risultato di precisi rapporti numerici. La musica dunque non era più solo un’arte pratica, ma anche una disciplina speculativa le cui leggi erano simili a quelle che regolavano il moto dei corpi celesti.
Gaffurio dunque incarnò l’ideale umanistico dello studioso eclettico e poliedrico e i suoi contributi più influenti e celebri rimangono i trattati Theorica musicae e Practica musicae.
Il trattato Practica musicae
Scritta nel 1496 e dedicata a Lodovico Maria Sforza, duca di Milano, l’opera Practica Musicae si configura tra i più importanti trattati di musica del passato dove la mitologia, l’astronomia e l’aritmetica danno vita ad un’immagine ricca di elementi tipici del Rinascimento. Tale opera fu considerata superiore a qualsiasi altro scritto di musica da parte dei contemporanei: infatti ne furono realizzate ben 5 edizioni tra il 1496 e il 1512 e rimase uno dei testi di riferimento per le “regole della musica” sino a un periodo molto posteriore rispetto alla data di pubblicazione. Il trattato è diviso in quattro libri e affronta argomenti inerenti il canto piano, la notazione mensurale, il contrappunto e le proporzioni ritmiche.
La xilografia presente nel frontespizio dell’opera, elaborata e complessa, costituisce un punto di riferimento fondamentale per la comprensione teorica e pratica del XV secolo. In essa emerge il pensiero del simbolismo filosofico che, in unione con il mondo sensoriale e le leggi armoniche, riconduce il lettore alla visione universale della disciplina. Gaffurio non fu l’ideatore di un sistema simbolico che collegasse i modi, i pianeti e le Muse, ma piuttosto il rielaboratore delle teorie proposte dai suoi contemporanei. In particolare, fu influenzato dal rivale Ramis de Pareja che, nel Practica Musicae del 1482, presenta un diagramma accompagnato da un testo esplicativo dove appaiono elementi che anticipano la successiva teoria cosmica sviluppata dal lodigiano.
La grande illustrazione xilografica del frontespizio

Questo splendido frontespizio sintetizzava il concetto di musica come disciplina speculativa e aveva il compito di mostrare “il concordante ordine di muse, astri, modi e corde”.
Agli angoli superiori vi sono due putti che accompagnano con la viola e il liuto lo schema cosmogonico musicale che inizia con un quadro sonoro avvolto dal cartiglio che recita: Mentis apollineae vis has movent undique musas (cioè, la potenza della mente apollinea muove queste muse da ogni parte). Gaffurio riprende questi versi dal poema latino Nomina Musa Rum attribuito ad Ausonio.
Al centro vi è Apollo, figlio di Zeus e di Latona, ideatore della lira e patrocinatore delle arti. Seduto sul trono, egli è il demiurgo di un universo vivente e armonico che infonde vita e movimento alla propria creazione. Raffigurato con la corona, il Musagete sorreggere una lira da braccio che funge da “scettro musicale”, emblema del potere creatore della musica. Alla sua destra le tre Grazie, Aglaia, Eufrosine e Thalia, simbolo della bellezza, della gioia e della fertilità, danzano nude mentre si abbracciano.
Le linee curve delle corde della lira universale uniscono otto scudi dedicati alle Muse presenti sul lato sinistro dell’immagine ad altrettanti scudi con i sette pianeti e il cielo delle stelle fisse raffigurati sul lato opposto. Le corde recano iscrizioni che collegano ogni Musa a un pianeta, e collegano ogni coppia a una nota e alla rispettiva tonalità.
La nona Musa rappresentata nella xilografia di Gaffurio è Thalia, la Musa dell’agricoltura, della semina e della produttività; poiché sporge da sotto la superficie terrestre è associata alla Terra. Essendo il centro del cosmo, quest’ultima occupa il centro del bordo inferiore ed è circondata dalle soprastanti orbite planetarie e dagli elementi naturali quali acqua, aria e fuoco.
Il piede di Apollo comunica al mondo il proprio ritmo misurato attraverso le spire di un serpente che, gettandosi a capofitto sulla Terra, rappresenta il monocordo e collega significativamente tra loro tutti gli elementi dell’immagine fungendo da collegamento fra la musica mundana e humana. L’animale assume le tre teste canine di Cerbero, il guardiano degli Inferi: rivolto verso destra, il lupo designa il passato mentre il cane, speranzoso, annusa verso sinistra il futuro quasi ad anticiparlo.
Quando Apollo pizzica la corda superiore della lira cosmica, le vibrazioni vengono trasmesse da una sfera/corda all’altra, verso il basso, raggiungendo di conseguenza anche la Terra. Lo schema illustra con estrema chiarezza il carattere di interconnessione della Terra e di tutte le sue creature viventi all’insieme dell’universo.
Il frontespizio viene così a costituire anche un commento per immagini al neoplatonismo fiorentino: per i neoplatonici, la fede in una concordanza armonica tra cosmo e mondo sublunare era altrettanto fondamentale quanto l’idea che la costante discesa sulla Terra di una forza spirituale fosse perfettamente conciliabile con la sua stabile presenza nella sommità del cielo.