Una vita tra sofferenze e passione

Una vita breve, appassionata, sofferta. Una personalità forte, eccentrica, controcorrente. Un’arte istintiva, intensa, vibrante di colori. Ciò che rimane della pittrice messicana Frida Kahlo non è solo una grande quantità di opere d’arte di altissimo valore: Frida Kahlo resterà per sempre icona di un modo di affermare la propria femminilità fuori dai canoni tradizionali e nonostante una vita tutt’altro che felice.

L’incidente che le cambiò la vita

Figlia di un fotografo tedesco e di una ricca messicana, nasce il 6 luglio 1907 a Coyoacan, sobborgo di Città del Messico. Fin da bambina fu costretta a piegarsi alla malattia, contraendo a sei anni la poliomielite che la segnerà per tutta la vita, lasciandole il piede e la gamba destra deformi. Nonostante questo si impegna nel movimento socialista e a 13 anni entra a far parte della gioventù comunista.

Nel 1925, a 18 anni, si trova su di un autobus che viene investito da un treno; nello scontro violento una barra di metallo le si conficca nel corpo fratturandole la colonna vertebrale, perforandole il bacino e provocandole molteplici altre fratture: i postumi di quest’incidente condizioneranno la sua salute per tutta la vita, ma non la sua tensione morale.

Dovette subire 32 operazioni e rimanere per quasi un anno ingessata a letto: in questo periodo inizia a dipingere anche grazie all’installazione di un grande specchio sul soffitto della sua camera, installazione voluta dai genitori che incoraggiarono sin da subito la sua passione per l’arte.

Nascono così una serie di autoritratti di dimensioni contenute, in cui accentua sempre le sue sopracciglia scure e la peluria sul labbro superiore. Dipinge con uno stile si rifà all’arte popolare messicana e alla cultura precolombiana, che si ispira anche a immagini votive, immagini di santi e martiri, e si ritrarrà quasi sempre in costume indio e messicano, mostrando sempre la flora e la fauna, i cactus, le scimmie, i cani, i pappagalli. Il rapporto ossessivo con il suo corpo martoriato caratterizza uno degli aspetti fondamentali della sua arte e la porta a creare visioni del corpo femminile non più distorto da uno sguardo maschile.

Il matrimonio con Diego Rivera

Dal 1927 la sua pittura divenne più complessa: vi si riflettevano i sentimenti della donna, lo scontro tra il suo desiderio di felicità e la costante minaccia della sua stessa distruzione. Iniziò a frequentare circoli politici, artistici e intellettuali; nel 1928, a 21 anni, si iscrisse al partito comunista messicano, diventando una convinta attivista e si legò ad un gruppo di comunisti cubani dove conobbe Tina Modotti, fotografa di origine italiana, che divenne sua amica e probabilmente anche sua amante e le fece conoscere Diego Rivera grande pittore di murales.

Nel 1929, a 22 anni, Frida sposa Diego Rivera, nonostante lui abbia 21 anni più di lei, sia già al terzo matrimonio, e porti con sé la fama di donnaiolo e di marito infedele. Il loro sarà un rapporto fatto di arte, tradimenti e passione. Lei stessa dirà: “Ho subito due gravi incidenti nella mia vita… il primo è stato quando un tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego Rivera”.

Il loro rapporto fu burrascoso: Diego la tradiva con molte altre donne e ciò causava enormi sofferenze a Frida che conseguentemente, ebbe anche lei numerosi rapporti extraconiugali, tra cui il poeta surrealista Andrè Breton e il rivoluzionario russo Lev Trotsky, nonché varie esperienze omosessuali. Queste sofferenze nel 1939 sfociarono nel divorzio, quando Diego ebbe una relazione con la sorella minore di Frida, Cristina. Frida e Diego, tuttavia, si risposarono nel 1940 ma la loro vita rimase sempre tormentata. Inoltre, a causa del suo fisico pregiudicato dall’incidente, Frida ebbe tre aborti spontanei e non riuscì mai ad avere figli, suo grande desiderio che rimase inappagato.

Frida e il surrealismo

A partire dal 1938 l’attività pittorica di Frida si intensifica: i suoi dipinti non si limitano più alla semplice descrizione degli incidenti della sua vita. Essi parlano del suo stato interiore e del suo modo di percepire la relazione con il mondo e quasi tutti includono tra i soggetti un bambino, sua personificazione. Per un breve periodo nelle sue opere gli elementi della tradizione messicana classica sembra si uniscano a quelli della produzione surrealista, tant’è che nel 1939, su invito di André Breton, si recò a Parigi, dove le sue opere vennero presentate in una mostra a lei dedicata.

Sebbene molti critici d’arte abbiano associato le opere di Frida alla corrente pittorica del Surrealismo, lei ha sempre rifiutato tale vicinanza sostenendo: Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni. In effetti, nonostante l’accento posto sul dolore, sull’erotismo represso e sull’uso di figure ibride, la visione di Frida era ben lontana da quella surrealista: la sua immaginazione non era un modo per uscire dalla logica ed immergersi nel subconscio, ma piuttosto il prodotto della sua vita che lei cercava di rendere accessibile attraverso un simbolismo.

Le sue tele rappresentano la sua interiorità ed un mondo talmente vasto e complesso, in cui la forza della vita e dell’amore si battono in un costante duello con le sofferenze alle quali Frida è stata costretta a sottostare per tutta la vita, che cercare di trattenerle dentro il confine di una corrente pittorica, sembra una forzatura che denatura le opere stesse.

Frida Kahlo, Ospedale Henry Ford, 1932

Gli ultimi anni

Ormai famosissima in tutto il mondo, nel 1950 subì altri sette interventi alla colonna vertebrale che la costringono per un nuovo lungo periodo in ospedale con forti dolori. Nel 1953 le fu amputata la gamba destra e precipitò ancora di più nella depressione, che la portò a tentare il suicidio in un paio di occasioni.  Nel 1954 si ammalò di polmonite e nel mese di luglio morì per embolia polmonare. Eppure il suo ultimo dipinto, eseguito otto giorni prima di morire, è un estremo omaggio reso alla vita: ritrae alcuni cocomeri dalla polpa succosa che spiccano, verdi e rossi, su un cielo azzurro, con toni molto luminosi. In uno di questi, e accanto alla sua firma, si legge: «Viva la vida. Coyoacán, 1954, México».

Frida Kahlo, Viva la vida, 1954

L’arte di Frida ed il coraggio di essere sé stessa

Le angurie della sua ultima opera hanno l’aspetto di essere molto appetitose e ricche di gusto, come ricca ed intensa è stata la sua vita: un incitamento, una sorta di dichiarazione, un inno alla vita, che nonostante il dolore fisico e psichico non ha mai rinunciato a vivere fino in fondo.

Frida Kahlo è un esempio di energia pura: è stata una donna che ha saputo imporre la sua arte e il suo pensiero affascinando chiunque la incontrasse, ma rimanendo sempre fedele a sé stessa. Ha amato e sofferto, ha convissuto con il dolore, con quel corpo spezzato, con l’anima lacerata dalla stanchezza e ne ha fatto arte di grande impatto emotivo, trasformando il dolore in bellezza, ritraendo senza vergogna la sofferenza di una donna, con l’estrema consapevolezza che al dolore si sopravvive, sempre.


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