Anche quest’anno durante i giorni delle festività natalizie si è ripetuta la magia delle luci a Piazza Navona, grazie al progetto promosso da Roma Capitale in collaborazione con Zètema Progetto Cultura:  AmoR, che move, questo il nome del progetto, ispirato a Dante e all’ultimo verso del Paradiso della sua Divina Commedia, ha trasformato la piazza in un museo a cielo aperto.

La magia delle luci a Piazza Navona, l’evento del 2020.

Dal 23 dicembre 2021 al 6 gennaio 2022, una serie di proiezioni artistiche hanno illuminato le facciate del settecentesco Palazzo Braschi e del barocco palazzo Pamphilj con immagini e particolari di quattordici opere d’arte create tra il 1400 e il 1800 e tutte legate alla natività, intesa non solo come ricorrenza religiosa, ma anche e soprattutto come rinascita, rigenerazione e speranza di un ritorno all’incontro diretto, all’abbraccio, alla nuova/vecchia vita, libera dal Covid. Una rinascita simbolica che rappresenta il complesso periodo dell’emergenza sanitaria e la voglia e il bisogno di ripartire, di ricominciare attraverso l’incontro e la condivisione.

Le immagini proiettate

Le immagini e i particolari proiettati in una sequenza spettacolare di luci e suggestioni, accompagnate dalle musiche di Schulz, Naumann, Mozart, Sombach e Rollig, sono state tratte dalle seguenti opere, tutte presenti nella città di Roma:

  • Riposo durante la fuga in Egitto, (1730 circa), di Francesco Mancini, custodita nei Musei Vaticani;
  • Sacra Famiglia, (1760 circa), di Pompeo Batoni, custodita nei Musei Capitolini;
  • Sacra Famiglia, (1640), di Giacinto Gimignani, visibile nella  Chiesa di Santa Maria dell’Anima;
  • Natività, (1650), di Carlo Maratta, visibile nella Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami;
  • Apollo e Dafne, (1622-25), di Gian Lorenzo Bernini, scultura presente nella Galleria Borghese;
  • Amor Sacro e Amor Profano, (1514) di Tiziano Vecellio, anch’essa nella Galleria Borghese;
  • Madonna dei Pellegrini (o di Loreto), (1604-1606), di Caravaggio, conservata nella  Basilica di Sant’Agostino;
  • Madonna col bambino, (1610-11), di Artemisia Gentileschi, visibile nella Galleria Spada;
  • Mercurio e Psiche, (1518), di Giovan Francesco Penni, allievo di Raffaello, che si trova sulla Loggia di Psiche nella Villa Farnesina;
  • La creazione di Adamo, (1511), di Michelangelo Buonarroti, visibile nella Cappella Sistina;
  • Giove e Giunone, (1597-1607), di Annibale Carracci, visibile nella Galleria Borghese;
  • I due cugini, (1870), di Tranquillo Cremona, visibile presso la GNAM  – Galleria Nazionale d’arte moderna e Contemporanea;
  • Paolo e Francesca all’Inferno, (1861), di Gustave Dorè;
  • La sposa, (1917-18), opera incompiuta di Gustav Klimt, custodita presso la Klimt Foundation di Vienna, esposta fino al 27 marzo 2022 a Palazzo Braschi nella mostra “Klimt. La Secessione e l’Italia”.

Nel filmato che segue alcune fotografie delle immagini proiettate sulle facciate dei palazzi e le riproduzioni dei quadri da cui sono tratte.

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Piazza Navona

Commentare per la seconda volta la magia delle luci di Piazza Navona ci offre l’occasione per tracciare brevemente alcune informazioni sulla piazza stessa e sui due palazzi  che hanno fatto da fondale al progetto AmoR, che move.

L’area di piazza Navona in epoca romana era occupata dallo Stadio voluto dall’imperatore Domiziano nell’86 d.c., un’imponente costruzione ellittica in travertino che per quasi quattro secoli ha ospitato gare atletiche, denominate agones. Dopo il V secolo, lo Stadio, che poteva contenere 30.000 spettatori, andò progressivamente in rovina, ma la sua arena, nota come Campus Agonis (Campo dei Giochi), continuò ad accogliere giostre, feste e spettacoli di ogni genere; il nome della piazza da agone divenne in agone, in nagone, navone e quindi Navona. I resti dello Stadio di Domiziano, che sono patrimonio Unesco, si trovano sotto la piazza a circa 4,50 metri dal piano stradale; l’area archeologica è aperta al pubblico tutti i giorni.

Nei secoli successivi la presenza dello Stadio e l’uso che ne veniva fatto determinarono la morfologia dell’area che nel tempo vide sorgere, in particolare dal XV secolo, palazzi signorili di illustri famiglie romane. Nella prima metà del Seicento l’insieme di edifici che la delimitava si arricchì di nuovi prestigiosi elementi architettonici, principalmente ad opera della famiglia Pamphilj che ebbe un ruolo decisivo nella trasformazione della piazza.

Oggi Piazza Navona è una delle più celebri piazze monumentali di Roma ed è un simbolo della Roma barocca, con elementi architettonici e scultorei di Gian Lorenzo Bernini (autore della Fontana dei Quattro Fiumi al centro della piazza, che rappresenta il Danubio, il Gange, il Nilo ed il Rio della Plata,  ovverosia i quattro angoli della Terra), di Francesco Borromini e Girolamo Rainaldi (autori della chiesa di Sant’Agnese in Agone, davanti alla fontana del Bernini, nonché del Collegio Innocenziano e del Palazzo Pamphili) e di Pietro da Cortona (autore degli affreschi della galleria di Palazzo Pamphilj). Nella piazza vi sono anche altre due fontane: la Fontana del Moro, scolpita da Giacomo della Porta e ritoccata dal Bernini, situata nell’area sud della piazza, e la Fontana del Nettuno, situata nell’area nord, opera di Gregorio Zappalà e Antonio Della Bitta.

Palazzo Pamphilj

Voluto da Giovanni Battista Pamphilj, che nel 1644 era divenuto papa con il nome di Innocenzo X (1644-1655), per unificare in un unico edificio le diverse proprietà della famiglia preesistenti su piazza Pasquino, il palazzo fu edificato intorno alla metà del XVII secolo su progetto di Girolamo Rainaldi (1570-1655). Si presenta sobrio ed austero all’esterno, ricercato e sofisticato all’interno; le eleganti sale e gli ampi saloni furono decorate da artisti del calibro di Agostino Tassi, Giacinto Brandi, Giacinto Gimignani, Francesco Allegrini, Gaspard Dughet e Pietro da Cortona; quest’ultimo contribuì a trasformare l’elegante e raffinata Galleria progettata dal Borromini in uno spazio spettacolare, affrescandovi scene della vita di Enea.

La sua costruzione procedette di pari passo con la sistemazione di piazza Navona e l’innalzamento della cappella privata di famiglia, cioè la chiesa di Sant’Agnese in Agone, anch’essa progettata dal Borromini così come l’adiacente Collegio Innocenziano; i tre edifici insieme costituiscono la cosiddetta “insula Pamphilj”, grandiosa testimonianza dell’architettura barocca e della potenza della famiglia.

Nel corso del Settecento i Pamphilj si estinsero nei Doria e dopo alterne vicende che videro il Palazzo trasformato anche in pensionato, nel1920 il piano nobile del palazzo è stato affittato allo Stato Brasiliano che nel 1960 lo acquistò e vi collocò la propria Ambasciata. Il recente restauro, voluto dal Governo brasiliano, ha riportato la facciata al colore celestino pastello che aveva nel Settecento. Attualmente, il palazzo può essere visitato gratuitamente tre volte alla settimana.

Palazzo Braschi

Situato tra Piazza Navona e Corso Vittorio Emanuele II, il palazzo Braschi venne progettato dall’architetto Cosimo Morelli (1732-1812) per incarico di Papa Pio VI (1775-1799) che ne fece dono al nipote, Luigi Braschi Onesti, impiegando per la sua costruzione anche fondi provenienti dal patrimonio della Chiesa: esso rappresenta dunque una delle ultime testimonianze di nepotismo pontificio prima delle trasformazioni politiche e culturali indotte dalla Rivoluzione francese.

I lavori iniziarono nel 1792 sulla stessa area del quattrocentesco palazzo Orsini, fatto demolire l’anno precedente, e si interruppero per l’occupazione francese del 1798, durante la quale, mentre papa Pio VI moriva in esilio, numerose opere d’arte presenti nel palazzo vennero spedite in Francia come spoliazioni napoleoniche e la maggior parte di queste non fece più ritorno. I lavori vennero ripresi nel 1802, portarono alla ultimazione dello scalone monumentale, cui pose mano anche l’architetto Giuseppe Valadier (1762-1839), e si conclusero due anni dopo. I problemi economici del duca Luigi Braschi Onesti non permisero di completare le decorazioni del palazzo che alla sua morte, avvenuta nel 1816, rimasero parzialmente incompiute.

Nel 1871 gli eredi Braschi vendettero il palazzo al Regno d’Italia, che lo utilizzò inizialmente come sede del Ministero dell’Interno e, successivamente, durante il ventennio fascista, come sede di varie istituzioni del regime. Con la fine della guerra il palazzo fu abbandonato e occupato, fino al 1949, da trecento famiglie di senzatetto e sfollati, che arrecarono gravi danni agli affreschi e ai pavimenti, facendo anche numerose demolizioni e ruberie.

Dal 1952 diviene sede del Museo di Roma. Chiuso per inagibilità nel 1987, l’edificio viene sottoposto a complessi e ingenti lavori di ristrutturazione e restauro che hanno restituito l’originale splendore alla maestosa architettura, allo scenografico cortile, ai raffinati stucchi e alle pitture delle sale, molte delle quali conservano decorazioni a tempera realizzate tra la fine del settecento e l’inizio dell’ottocento. Riaperto parzialmente al pubblico nel 2002, viene aperto completamente nel 2017 quando nelle sale del secondo e terzo piano si inaugura il nuovo allestimento, concepito come un itinerario tematico che permette una lettura trasversale di fenomeni sociali e culturali avvenuti nella Capitale tra il XVII e il XX secolo.

Il Museo di Roma, infatti,  per la ricchezza e la vastità delle sue collezioni è l’istituzione più significativa per la conoscenza della storia sociale e delle attività artistiche a Roma dal Medioevo agli inizi del Novecento. Vi si conservano più di centomila opere – tra dipinti, disegni, sculture, incisioni, fotografie, mobili, abiti, ceramiche, carrozze e portantine, elementi architettonici e affreschi salvati dalle demolizioni – molte delle quali esposte a rotazione.

Il primo piano del museo è invece destinato a ospitare le mostre temporanee, in quanto il Palazzo costituisce uno scenario di particolare bellezza per le manifestazioni culturali; tra l’altro è stato scelto anche dal regista Paolo Sorrentino per girare alcune scene del film Premio Oscar “La Grande Bellezza”.

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