L’evoluzione della prospettiva nella pittura

La pittura occidentale si è da sempre misurata con l’esigenza di rendere sulla superficie bidimensionale della tavola o della tela una realtà che è fatta di volumi tridimensionali che si scalano in profondità. Le diverse soluzioni date a queste problematiche nel corso del tempo sono espressione della visione del mondo in quel momento dominante, sia essa ispirata dalla riflessione filosofica o dalle concezioni religiose.

Nel Medioevo la rappresentazione della realtà è un insieme di masse e superfici in cui lo spazio unifica le differenti forme non in relazione alla profondità, ma in base alla relazione tra i vari soggetti. I corpi raffigurati sono assoggettati ad un sistema proporzionale, basato su rapporti gerarchici: Dio e Cristo devono essere rappresentati di dimensioni molto più grandi dei Santi e della Madonna, e questi a loro volta debbono essere più grandi dei semplici esseri umani, indipendentemente dalla loro posizione spaziale. In pratica, sono più avanti o più dietro in una prospettiva ideale che colloca Dio al centro dell’universo.

La prospettiva rinascimentale

Gli artisti del Rinascimento, invece, affrontano il problema attraverso la riduzione dello spazio ad un sistema di coordinate numeriche, riflesso di un mondo equilibrato e armonioso in cui tutto è ricondotto ad un canone di proporzionalità che pone l’Uomo al centro dell’universo. La realtà doveva essere rappresentata in modo che risulti credibile da un unico punto di vista determinato dall’artista: l’occhio dell’osservatore è punto di partenza e di arrivo dei raggi rettilinei che si dipartono in direzione degli oggetti. Lo spazio diviene una griglia geometrica costituita da un sistema di relazioni tra altezza, larghezza e profondità. La pittura coincide con la prospettiva matematico-geometrica.

La bellezza del mondo, rappresentata dalla “divina proporzione”, è manifestazione di Dio nel mondo, in linea con le concezioni del filosofo neoplatonico Marsilio Ficino, per il quale la fonte del vero risiede in Dio, nel processo di contemplazione dell’uomo per avvicinarsi a Dio, come abbiamo visto ne Il Tondo Doni di Michelangelo.

Piero della Francesca

Uno dei massimi esponenti  della trattatistica prospettica quattrocentesca fu Piero della Francesca (1415/20-1492), che non fece scuola come molti suoi contemporanei ma è indubbiamente un artista irraggiungibile nella sua capacità di sintesi  e di semplificazione dei concetti.  La sua produzione è andata quasi tutta distrutta, rimangono meno di venti lavori  fra cui la Sacra Conversazione, conosciuta anche come Pala di Brera o Pala Montefeltro, un’opera monumentale, con un trattamento magnifico della luce, astratta e immobile, e un repertorio iconografico di straordinaria ricchezza.

La scena rappresentata nella Pala di Brera

L’opera pone al centro la Madonna in trono in posizione di adorazione e con le mani giunte verso Gesù Bambino addormentato nel suo grembo. Il bambino porta sul collo un ciondolo di corallo che rimanda al rosso del sangue, simbolo di vita e di morte, ma anche legato alla funzione salvifica della passione del Cristo; la stessa postura addormentata prefigura la futura morte sulla croce.

Piero della Francesca: Sacra Conversazione o Pala di Brera, 1472 circa

Attorno alla Madonna vi è una schiera di sei santi e dietro quattro angeli, due per lato, perfettamente simmetrici, di cui si intravedono le ali. I Santi da sinistra del quadro sono: 1) San Giovanni Battista, 2) San Bernardino da Siena; 3) San Girolamo accanto alla Madonna. A destra della Madonna vi sono: 4) San Francesco che mostra le stimmate; 5) San Pietro martire con le ferite a taglio sulla testa; 6) San Giovanni Evangelista con il libro e il mantello rosato.

In basso sulla destra inginocchiato il duca di Montefeltro in armi,  si è tolto elmo e guanti per pregare. Egli è posto fuori dall’insieme dei santi e degli angeli, come prescrive il canone gerarchico dell’iconografia cristiana rinascimentale. La sua figura non solo è uguale nelle proporzioni a quella delle divinità, ma è anche coinvolta in maniera inequivocabile nello spazio della Sacra Conversazione, suscitando nell’osservatore l’emozione di trovarsi nello spazio della chiesa.

Tutta la scena si svolge davanti ad un’abside dalla struttura architettonica classicheggiante e che si trova molto dietro alle figure, con molta probabilità ispirata ad una chiesa realizzata da Leon Battista Alberti: entro un monumentale arco di trionfo, retto da paraste al di sopra di una elaborata trabeazione con una fascia continua di marmo rosso, si sviluppa una volta a botte con cassettoni scolpiti con rosette, di numero dispari su ciascuna fila come era regola nell’architettura classica.

In fondo alla nicchia si trova un’esedra semicircolare nella cui calotta è scolpita una conchiglia al culmine della quale è appeso, perfettamente in asse con il corpo della Madonna, un uovo di struzzo, in una posizione leggermente sfalsata rispetto all’asse mediano del quadro, a rappresentare la superiorità della fede rispetto alla ragione. La conchiglia è simbolo della natura generatrice della Vergine e del suo legame con il mare e con le acque, mentre l’uovo di struzzo è simbolo di perfezione divina, richiama il dogma della verginità di Maria e il mito della creazione.

L’impianto prospettico

L’impianto prospettico del dipinto converge in un unico punto di fuga centrale collocato all’altezza degli occhi della Vergine, il cui volto si pone perfettamente in linea con l’uovo di struzzo che pende dal catino absidale e di cui riproduce la forma perfetta. Si può notare, inoltre, come il punto di fuga centrale sia sottolineato e rafforzato dal fatto che  tutti i partecipanti alla santa conversazione hanno gli occhi quasi allineati  e che da questa linea spunta la testa della Madonna.

L’armonia della composizione è  ottenuta attraverso la ripetizione di un modulo circolare, la volta a botte in alto, lo sfondo scandito dai pannelli di marmo, i santi disposti intorno alla Vergine sottolineano la struttura semicircolare dell’abside. In questa architettura sognata, perfetta di marmi chiari, dove la prospettiva fugge perfettamente centrale, domina su  tutto il piccolo uovo sospeso in alto in asse con il corpo della Madonna, simbolo della perfezione dei corpi.


Un pensiero su “Piero della Francesca, Pala di Brera”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *